io vivo in un mondo pieno di gente che finge di essere quella che non è, ma quando parlo con te sono come voglio essere

martedì 6 marzo 2012

8 Marzo "tre foto una mimosa"

Lea; Concetta e Giuseppina la Calabria festeggia con loro l' 8 Marzo.
Con l'iniziativa "tre foto una mimosa" lanciata da Matteo Cosenza direttore del quotidiano della Calabria.

Giuseppina Pesce viene arrestata nell’aprile 2010 “per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta All Inside contro il clan dei Pesce di Rosarno. Il 14 ottobre si pente e inizia a collaborare con la Dda di Reggio Calabria. Il 16 aprile 2011, grazie alle sue dichiarazioni vengono arrestate sua madre Angela Ferraro e la sorella Marina”. Più tardi però il legale della donna, l’avvocato Giuseppe Madia, annuncia che Giuseppina sta ritrattando, a seguito di minacce da parte dei magistrati prontamente smentite. In realtà il 21 settembre la stessa afferma di esser stata costretta dai familiari a ritrattare la sua versione dei fatti. La sua testimonianza è risultata essere fondamentale per il processo All Inside.

Maria Concetta Cacciola invece “decide di pentirsi a fine aprile scorso. I primi di agosto lascia la località protetta e torna a Rosarno dove aveva lasciato i figli. Il 20 agosto si suicida ingerendo dell’acido muriatico”. I familiari faranno recapitare alla stampa una lettera nella quale la donna afferma di esser stata portata al tragico gesto dai magistrati, ma presto si scoprirà che la vera autrice della lettera non era Maria Concetta.

Lea Garofalo è stata invece sciolta nell’acido, ma il pm Marcello Tatangelo ha proprio in questi giorni rigettato l’aggravante mafiosa. La donna fu uccisa nel 2009 dal convivente e dai suoi fratelli perché aveva scelto di collaborare con la giustizia.


Scrive Matteo Cosenza

“donne coraggiose che si sono opposte alla criminalità, arrivando a denunciare anche i propri cari e pagando prezzi altissimi, in due casi anche con la vita”. 
“ Se bisognava stare dalla parte di qualcuno non bisognava avere dubbi: bisognava stare dalla parte dei più deboli. E i più deboli erano quelle donne che, a costo di un travaglio tremendo, alla fine avevano deciso di rompere con le loro famiglie e di scegliere la strada della legalità e della giustizia pagando per questo due volte: trovando la morte o minacciate la vita loro e dei loro figli, e infilate con cinica perfidia in un vortice più grande della loro fragilità”.
Le stesse paladine della legalità, sono nate in ambienti tristi, “vivono infelici anche perché la morte dispensata senza pietà è un boomerang sempre in movimento, ed hanno un futuro amarissimo. Ecco perché dobbiamo inchinarci davanti a Giuseppina, Maria Concetta e Lea. Nonostante tutto sono riuscite a capire che vivevano nel male e hanno trovato il coraggio di dire: basta, non deve andare così, noi e i nostri figli dobbiamo vivere in pace e non in una guerra perenne”. “Calabresi –  guai a voltarsi dall’altra parte e a digerire anche queste storie come un normale tran tran quotidiano”. 

2 commenti:

  1. Certe volte i pm sono più immanicati di quanto non si possa immaginare.

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  2. a me certe cose nel 2012 fanno proprio paura.
    che manco nel medioevo era così buio, secondo me.

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